Vincitori
IX edizione (2024)
L'ultima lacrima leggera
Daniela Ammaturo (1ª classificata della Sezione A)
Candida come la neve
L’ultima lacrima leggera
S’aggrappa alla vita
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Ha visto ancora catene
Intorno ai polsi di donne
Ha visto ancora uomini
Strappare loro la dignità
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Ma l’ultima lacrima leggera
Non si è sciolta
Nella neve
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Ha visto ancora bambini piangere
Per guerre che non hanno voluto
Ha visto ancora esseri umani devastare
La Terra sulla quale vivono
​
Ma l’ultima lacrima leggera
Non si è sciolta
Nella neve
​
Resiste al gelo dell’animo umano
Desiderosa di essere asciugata
Dalla calda mano dell’amore
Nostalgia
Asia Massimi (2ª classificata della Sezione A)
Con mani piene di storia
dai suoi occhi scendevano
fiumi di lacrime che si adagiavano
lentamente sul foglio.
Il futuro trattenne la dimensione del tempo
come la nostalgia attende la speranza
di un nuovo inizio.
Il tuo ricordo
Andreea Larisa Zota (3ª classificata della Sezione A)
Ho guardato i tuoi occhi
Sul punto di piangere
Ma non ho saputo darti coraggio
​
Ho guardato la tua bocca
Stretta fra le labbra
Ma non ho voluto udire la tua voce
​
Stavi camminando
Sui gradini della morte
Ma non sono riuscita a farti cambiare direzione
​
E mentre io non capivo
I tuoi occhi si stavano chiudendo,
I tuoi respiri si stavano attenuando,
La tua vita si stava spegnendo.
​
Il ricordo di quel grido mai udito,
di quell’aiuto mai arrivato,
di quell’abbraccio mai stretto.
Mi ha consumato l’anima
​
Ora ho capito
E il tuo ricordo sarà per me
Ora e per sempre
Uno strappo al muro d’ombra
Del mio cuore​​​​​​​​​​​​​​​
L'estinzione
Mayra Elena Silivestru (Vincitrice del tema "Salvaguardia del pianeta")
Nel crepuscolo dell'antica natura,
un lamento si alza, voce pura.
Estinzione avanza, fredda e implacabile,
la vita vacilla, fragile e vulnerabile.
​
Uccelli che in cielo danzano leggeri,
testimoni di tempi ora sommersi.
Foreste silenti, ombre di un passato,
mentre l'estinzione avanza, a passo serrato.
​
Tigri e leoni, regni sotto assedio,
un grido muto di aiuto nel medio.
Coralli che sfiorano il tempo estinto,
l'estinzione avvolge, come un labirinto.
​
Ma nell'abisso di questa notte oscura,
sorgono promesse, una speranza pura.
Noi, custodi del presente e del domani,
lottiamo contro il buio, come arcieri ardenti.
​
Preserviamo la trama di questa vita,
danza di specie, colori infiniti.
Contro l'estinzione, unite le mani,
perché nel nostro impegno, il futuro risani.
Neve e grano
Lorenzo D'Agnese (1° classificato della Sezione B)
Soffiano via i venti della sera
i semi piantati dall’alba,
su questo colle confondo stelle e chicchi:
fanciullo ritorno in questa fiaba,
immerso tra i fiacchi fiocchi
portati dalla mia calma bufera.
​
Vagando, affondo nella neve,
sognando, affondo nei ricordi;
manca calore, anche lieve,
fa freddo nei pensieri ingordi.
​
Fiori ghiacciati,
vagano dal vento cullati
fino a posarsi e bruciare:
piccole fiamme di sogni.
Come può un bimbo catturare
questi sonni
in sconfinati campi bruciati?
​
Favole crescono e sbocciano,
dai petali non più opachi;
riflettono di me quei pochi
resti, senza odor di grano.
​
Bagnano o gelano il terreno
E mi convinco che non son veleno
le lacrime, sul mio viso pieno:
offuscano il paesaggio sereno,
​
una luce fioca schiarisce il colle,
segnando una nuova alba
dove posso seminare sotto le stelle.
Canto d'una terra eterna
Umberto Pedicini (2° classificato della Sezione B)
Dalle cerulee correnti di Poseidone rapito,
mi abbandono tra i sabbiosi seni della Grande Madre
e dischiudo all’infinito il cuore
come fiore sbocciato al trionfo di Primavera.
Accarezzata amorevolmente
l’ambra degli occhi miei
da Apollo mani dorate,
l’aspro Ostro mi sussurra della mia Terra
il canto,
melodia ancestrale.
​
Fra Scilla e Cariddi,
guardiane della sacra soglia,
io nacqui
di Trinacria figlio
sfiorato dal profumo di misture saracene
e di agrumi aspramente dolci.
​
Come il doppio canto di Demetra,
vitalità gioiosa e straziante morte
sono queste lande.
Regnano qui
danzando sfrenate melodie marranzane
spighe di grano arse dal sole,
fioriscono fichi
in un sacro silenzio,
cosparsi dal sangue di uomini onesti.
​
Lì sotto l’ombra di un possente arbusto,
riposa sbuffando con la stessa veemenza
dell’Etna, d’Efesto fucina,
l’animo rivoluzionario di rossa camicia
che nelle vene dei fratelli e mie
scorrendo
dona a noi forza per sorreggere
affaticate colonne d’una terra eterna.
Ansia
Pietro Guerra (3° classificato della Sezione B)
Inspira. Fugge il tempo di un istante,
batte, batte il cuore all'impazzata
Pu-pum! Pum! Suona la pompa sfrenata.
Corre la locomotiva sbuffante,
Corre sulla rotaia, scalpitante,
corre, corre, a valvola spianata
si mangia la pianura, affamata.
Vecchio capotreno, Ansia divorante,
Direttore d'orchestra, ascolta,
senti? Ecco la macchina respira!
Aspetta, aspetta che arrivi la svolta
Aspetta che arrivi il fischio e sospira.
Finire e iniziare, ancora una volta,
e adesso arriva il fischio. Espira.
La Danza del Vuoto
Nicolò Pavan (Vincitore del tema "Ascolto empatico")
Nel chiasso delle parole, eco di vuoto,
dove il silenzio è un sottile anatema,
svanisce l'arte di un ascolto autentico,
un'ombra che inghiotte la luce del dilemma.
Frettolosi sono i passi dell'ego,
che suonano più forti delle voci,
l'ascolto sincero scompare nel fumo,
dove l'empatia è solo una traccia persa.
In ogni frase, l'ombra del proprio pensiero,
come un ladro ruba spazio al dialogo,
nell'intenzione onesta c'è il rovescio amaro,
un'insincera danza, un sinistro monologo.
Si rompe la corrente tra cuore e parole,
l'interlocutore diventa solo eco,
nell'ansia di esprimere, nell'urgenza di imporsi,
l'ascolto autentico si perde, si seppellisce nel cieco.
La fretta diventa il padrone tiranno,
la compassione si dissolve, svanisce,
e l'orizzonte delle idee si restringe,
in un labirinto di voci che si scontrano e frantumano.
Nessuna sinfonia, solo rumore confuso,
nel disordine delle menti indaffarate,
l'ascolto autentico, prigioniero di sé stesso,
si spegne nell'indifferenza, nell'apatia accecante.
Così, in questa poesia di mancate connessioni,
il dialogo diventa un lamento distorto,
e l'ascolto, un fantasma smarrito,
nell'eco triste di ciò che avrebbe potuto essere un conforto.